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Intervista al coltivatore-produttore di pomodori secchi “San Marzano” Antonio Di Giuseppe
Manfredonia, 16 settembre 2020. Un tempo i nostri agricoltori (proprietari di latifondi) e i contadini “i puderiste” tra le varie specie di pomodori che coltivavano prediligevano quelli della specie “Sammarséne” (San Marzano). Nel mese di agosto quando effettuavano la raccolta di questi gustosissimi pomodori, mettevano da parte “alla capét’alla capéte” un certo quantitativo occorrente per la propria famiglia, per preparare la salsa e la conserva da utilizzare durante i mesi invernali.
In loco, tuttora, la salsa “a sàveze ndrechése” (anche se in forma minore) viene approntata dalle nostre massaie insieme ai propri mariti e figli, non solo in campagna ma anche in Città. Fino agli anni ’80, a Manfredonia era consuetudine di molte famiglie preparare la salsa a fine agosto o nei primi di settembre, cuocendo i pomodori all’aperto in grossi contenitori per strada, nei pressi delle proprie abitazioni, sopra fornelli utilizzando bombole a gas.
Era anche usanza, di molti agricoltori, esclusivamente per la propria famiglia, preparare anche i pomodori secchi da mettere sott’olio. Questi, prendevano un certo quantitativo di “pemmedore Sammarséne” (pomodori San Marzano) e dopo averli spaccati li posizionavano su telai al sole per alcuni giorni cospargendoli con del sale e girandoli di tanto in tanto per seccarli al meglio. Completata questa operazione, dopo alcuni giorni, li tenevano per un’ora nell’aceto e poi pressati l’uno sull’altro li mettevano sott’olio “ndi bbuccàcce de vetre” (in contenitori di vetro), utilizzando l’olio extravergine di oliva prodotto in loco insieme a prezzemolo, aglio e una punta di peperoncino.
Questa antica usanza dei nostri agricoltori di seccare i pomodori al sole per le proprie famiglie è andata in disuso. Va evidenziato, che la maggior parte delle sipontine, che oggi mettono sott’olio i pomodori secchi (varietà Lincas dalle caratteristiche simile al San Marzano), li comprano al mercato già preparati (alcune volte seccati non con processo naturale al sole ma in forni a livello industriale).Va detto, che i pomodori trattati in forni, non hanno lo stesso gusto di quelli seccati in modo naturale al sole con il sale. A proposito di lavorazione di pomodori secchi, intervistai anni fa l’agricoltore sipontino Tonino Troiano che continua tuttora a coltivare nei suoi terreni i pomodori della varietà ibrida simile al San Marzano.
Questi, dopo averli cosparsi di sale e seccati al sole in modo naturale, su grossi telai con reti, li vende al pubblico nel suo negozio (insieme a frutta e verdure di produzione propria) in via Antiche Mura. Nel mese di agosto di quest’anno, prima della pubblicazione del presente articolo sulla mia ricerca sulla coltivazione e l’uso dei pomodori in loco, ho notato nella casa-villa (in zona Parco degli Aranci) di Antonio Di Giuseppe, originario Castelnuovo della Daunia, alcuni telai retinati sui quali erano messi a seccare al sole pomodori spaccati, cosparsi con del sale. Incuriosito, ho intervistato il sig. Di Giuseppe, residente in loco da più di 50 anni e sposato con una manfredoniana, che è stato per anni imprenditore agricolo ed esperto coltivatore di pomodori San Marzano ed altri pomodori ibridi. Questi mi ha parlato del suo lavoro che ha esercitato per anni sia in Italia sia all’estero, di produttore di pomodori secchi “pemmedore spacchete”; lavorazione eseguita con un processo naturale di essiccazione con il sale al sole, e attività tenuta in loco in società con il dott. Totaro. Tuttora tra i pochi coltivatori e produttore di pomodori secchi con metodo naturale nel nostro agro, c’è un certo Carbone in zona Borgo Mezzanone.
Tra i grandi agricoltori, che hanno coltivato ed esercitano tuttora il mestiere di coltivatore di pomodori in loco, voglio ricordare: Prencipe, Falcone, dott. Totaro, Quitadamo, Rinaldi, Di Giuseppe, Granatiero, Anzivino, Sapone, Giordano, Iaconeta, Troiano, Libergolis, Frascati, Granatiero ed altri. Tra questi produttori agricoli di pomodori, sopracitati, che coltivano nelle loro aziende agricole del nostro territorio varie specie di pomodori, voglio ricordare l’amico Dino Prencipe (dinamico coltivatore di pomodori).
Questi, insieme a suo padre Francesco Prencipe (esperto agricoltore), sono stati premiati più volte dalla “Mutti” di Parma (Industria Conserve Alimentari specializzata nel settore del pomodoro) alla quale i Prencipe vendono la loro produzione di pomodori di eccellente qualità. Nel luglio del 2009 l’imprenditore campano Antonino Russo, ha aperto in zona Borgo Incoronata il più grande stabilimento del mondo per la trasformazione del pomodoro coltivato in Capitanata. Questa grande industria conserviera, doveva essere insediata nel nostro territorio, ma stupide vicissitudini burocratiche e politiche, l’hanno fatta dirottare su Foggia. Va precisato che la produzione del pomodoro San Marzano (tradizionale) nell’agro di Manfredonia, si è tenuta dalla fine degli anni ’50 si è protratta fino agli inizi degli anni ’70, sostituita dalla coltivazione di pomodori ibridi dalle stesse caratteristiche ma anche da altre varietà di pomodori. Tuttora nel nostro territorio vengono coltivati le varietà di pomodori: “Docet”, “Taylor”, “Dres”, “Chico” (pomodori a semi), “a Vesteséne” e “Lincas”. Quest’ultima qualità di pomodoro, simile al San Marzano, (ma più lungo e consistente), viene coltivato da numerose aziende agricole di Capitanata, in particolare nei territori di Cerignola, Ortanova, S.Severo dove viene utilizzato per la trasformazione in pomodoro seccato al sole di altissima qualità, cospargendolo con del sale. Va ricordato che per l’essiccazione al sole dei pomodori con il metodo tradizionale occorre solitamente una settimana. Quando i pomodori sono completamente secchi vengono bolliti in aceto di vino e acqua e asciugati, e infine confezionati da aziende specializzate per la conservazione e commercializzazione dei pomodori in contenitori di vetro con olio extravergine di oliva, capperi, aglio, origano e peperoncino, ingredienti che ne esaltano le proprietà organolettiche. Va infine, evidenziato che Il pomodoro, denominato “l’oro rosso”, coltivato nei territori agricoli di Capitanata, ha il primato in Europa per la qualità e quantità di produzione.
MODI VARI DI UTILIZZO DEI POMODORI IN PARTICOLARE PER LA PREPARAZIONE DELLA SALSA, DEI PELATI, DEL CONCENTRATO FATTI IN CASA A MANFREDONIA
“Sàveze” o “Passete de pemmedore” (salsa o passata di pomodoro);“Sàveze addurmite”(salsa addormentata); “Peléte” (pelati); “Cungendréte”(concentrato di salsa, preparata e messa a seccare al sole).Un tempo, il concentrato di salsa, veniva conservato in contenitori di creta con una strato di olio extravergine di oliva (che faceva da tappo)per evitare la formazione di muffa; “Pemmedore spacchete ndi buccacce” (pomodori spaccati e poi messi in contenitori di vetro); “pemmedurille e pemmedore scazzete ndi buccacce (pomodorini e pomodori schiacciati e messi in contenitori di vetro); “pemmedore nu bolle, spelete e pò misse ndi buccacce (pomodori calati in acqua bollente e poi spellati e messi in contenitori di vetro);“nzèrte de pemmedurille”o “pemmedurille p’appènne”(pomodorini da grappolo, raccolti quando non sono ancora maturi, legati a un filo di ferro o a un filo di cotone). Vengono tenuti appesi al soffitto (e conservati in posti non umidi, meglio se al buio) altrimenti “ce fanne i cigghje d’aindre” e possono marcire. Il loro utilizzo nella cucina, avviene durante la stagione invernale.
“A PASSETE” (PASSATA DI POMODORO,LA SALSA TRADIZIONALE APPRONTATA IN FAMIGLIA): Ricordo da piccola età in campagna dei miei nonni, prima della Festa Patronale, quel giorno che si doveva fare la salsa era impegnata tutta la famiglia, grandi e piccoli. Ci alzavamo di buon mattino e si andava a piedi in campagna in zona sotto Pulsano. Si andava a riempire prima di tutto l’acqua piovana all’antico pozzo (che veniva versata in una grossa conca di zinco e filtrata con un panno). Si lavavano in modo accurato bene tutti gli accessori necessari per la preparazione della salsa quali: “cavedarone”, “machenétte pe fe a saveze”, “cuppine”, “buttigghje e buccacce de vetre”,“foste grusse de firre”, “machenétte a mene pe mette i tappe ai buttigghje de sàveze” (tappatrice per bottiglie) e poi “i mute” (gli imbuti), i coltelli e il tagliere. Poi, venivano scelti accuratamente una certa quantità di pomodori “Sammarséne” integri e maturi al punto giusto, e dopo averli lavati ben bene si mettevano in un calderone per la cottura. Si accendeva il fuoco con tronchi di olivo e dopo 10 minuti i pomodori sbollentati si mettevano a scolare e raffreddare in un panno in un altro contenitore, da dove con un grosso mestolo si prendevano e si portavano nella macchina separa semi e bucce, per la produzione della salsa. Si poneva sul fondo alla bacinella che accoglieva la passata un po’ di sale. Le bucce non andavano buttate, ma rimesse uno due volte nella macchina passa pomodori (un tempo funzionante a mano) per estrarre tutto il sapore e per addensare la salsa. Successivamente con un mestolo più piccolo “u cuppine”, la salsa prodotta, veniva versata nelle bottiglie o contenitori “bbuccacce” di vetro. Prima di tappare le bottiglie e chiudere gli altri contenitori di vetro, si inseriva (lo si fa tuttora) una due foglie di basilico e bisognava fare attenzione a lasciare poca aria nel collo.
Ultimata questa operazione, le bottiglie piene di salsa, venivano adagiate in un grosso barile “fuste del firre” riempito d’acqua fino all’orlo. Per evitare, poi, che durante la bollitura, le bottiglie venissero a contatto e si rompessero “ce sckattàvene”, venivano avvolte con sacchi di juta e panni vecchi.
Si accendeva il fuoco sotto il fusto di ferro e una volta bollita l’acqua, si tenevano a cuocere le bottiglie di salsa ancora per un’ora. A cottura completata, si spegneva il fuoco, perché il raffreddamento delle bottiglie doveva essere graduale. Il giorno dopo, le bottiglie venivano conservate in un locale al fresco. Quel giorno, all’ora di pranzo, tutti i componenti della famiglia si sedevamo sui banchetti di legno “i trepite” e “ferrizze de frevele e de firre” (sgabelli rustici fatti con ferule a forma di cubo e di ferro), intorno a un lungo tavolo approntato per l’occasione dove si consumava un lauto pranzo che la nonna aveva preparato. Questa antica consuetudine di preparare la salsa in casa, un tempo eseguita in loco con la cottura dei pomodori e della salsa che veniva fatta per strada, nei pressi della propria abitazione, viene tuttora praticata, ma in forma minore, con fornelli a gas e macchine trita pomodori elettriche, in pianoterra adibiti a garage, nelle villette e nelle case di campagna.
“A SAVEZE ADDURMUTE”(LA SALSA ADDORMENTATA)
La tecnica per la preparazione era simile a quella per approntare la salsa tradizionale. Con un mestolo “u cuppine” si prendeva la salsa preparata e la si versava nei contenitori di vetro con una due foglie di basilico. Quest’ultimi venivano conservati per almeno due giorni sotto le coperte al caldo. Questo antico metodo di preparare artigianalmente questo tipo di salsa è andato in loco quasi in disuso.
“A CUNZERVE MISSE A SECCHE’ AU SOLE” (LA SALSA DI POMODORO MESSA A ESSICCARE AL SOLE)
Un tempo i nostri contadini e le nostre massaie preparavano “a cunzèrve”. L’antico metodo di lavorazione consisteva nel mettere la salsa approntata, “sope nu tavelire” su una spianatoia di legno per due o tre giorni ad essiccare al sole, per far sì che venissero eliminati i residui di acqua contenuti nella salsa preparata. Prima di conservarla in appositi contenitori di creta, veniva coperta con uno strato di olio extravergine, che faceva da tappo, e nel contempo, la proteggeva e conservava al meglio nel tempo.
“PELETE MISSE A CRUTE” E “PELETE SPELLETE” (PELATI CONSERVATI A CRUDO E POI BOLLITI E PELATI SPELLATI DOPO AVERLI CALATI IN ACQUA BOLLENTE)
I primi “peléte a crute”vengono preparati mettendo i pomodori, dopo averli ben lavati, ed eliminati i semi, in contenitori di vetro, ben pressati, insieme a pezzetti di peperone e foglie di basilico. Mentre “i pelète spelléte”, hanno diversa preparazione. Dopo averli sbollentati, chiusi in un panno e calati in acqua bollente, si spellano e si mettono in contenitori di vetro, con pezzetti di peperone e foglie di basilico. Ultimata, questa operazione e chiusi ben bene tutti i contenitori con tappi, si passa alla bollitura di almeno un’ora in grossi bidoni di ferro o calderoni.
**Agricoltori intervistati per notizie sul presente articolo: Antonio Granatiero, Giovanni De Vita (da lunghi anni, esperto nella commercializzazione di pomodori coltivati nell’agro sipontino); Antonio Di Giuseppe, imprenditore e coltivatore di pomodori ed esportatore di pomodori secchi San Marzano; Dino Prencipe (agricoltore); il prof. Peppino Sapone, agronomo, ex docente scuole superiori ed esperto coltivatore di pomodori con nuove tecniche di produzione in agro “Mustazze”.
TESTO – FOTOGALLERY a cura di FRANCO RINALDI, cultore di storia e tradizioni popolari di Manfredonia
ABITAZ~1 Anni ’70-Raccolta di pomodori San Marzano in agro sipontino Bollittura della salsa imbottigliata preparata in casa in un grosso fusto di ferro Bollitura pomodori San Marzano Bottiglie di salsa messe bollire sul fuoco e coperte con un panno COPERTINA-Salsa preparata in casa L’AGRI~1 Pelati fatti in casa con pomodori S. Marzano Pelati preparati in casa Pelati preparati in casa Pomodori cotti pronti per preparare la salsa Pomodori della specie -a Vestesene- coltivati in agro sipontino Pomodori San Marzano calati in acqua bollente e spellati Pomodori San Marzano calati in acqua bollente prima di essere spellati Pomodori San Marzano messi a seccare al sole-dall’agricoltore Tonino Troiano nella sua tenuta di campagna Pomodori San Marzano seccati con il sale al sole Pomodori San Marzano spaccati e messi a seccare al sole Pomodori secchi San Marzano seccati al sole e messi sott’olio Pomodori secchi San Marzano sott’olio Pomodori secchi San Marzano Pomodorini appesi in un casolare di campagna Pomodorini-nzérte de pemedurille Pomodoro calato in acqua bollente e spellato Pomodoro specie -a Vestesene- Preparazione in casa di pomodori secchi San Marzano sott’olio Preparazione pelati Salsa e pelati preparati in casa Salsa fatta in casa -sequenza preparazione Salsa fatta in casa Salsa preparata in un casa di campagna con macchinetta trita pomodori azionata a mano
Grande articolo complimenti, però ormai si vive solo dei bei ricordi e tradizioni del passato, tutto cambiato in peggio… si stava meglio quando si arrostivano sbarroni e peperoni sulle braci sui marciapiedi e sui balconi. E finisco qui.
Un articolo bellissimo, dove i giovani ne dovrebbero far tesoro della Manfredonia “per bene”
Le bottiglie venivano chiuse con tappi di sughero (u feletúre) e spago. Poi ci fu l’avvento dei tappi con corona metallica la cui prerogativa era dei F.lli Mione-fabbrica gassose via orto sdanga. E lì bisognava portarle a mano pagando il giusto tributo (2 0 3 lire per ciascun tappo metallico)
Mi spiace non si faccia alcun riferimento ai “pummudurille a’nsert”metodo di conservazione che consisteva nel raccogliere gli ultimi frutti della pianta( i pummudurille) ancora acerbi cucendoli a grappoli ( a n’serte) appendendoli in punti esposti al sole che consentiva una lenta maturazione per il successivo utilizzo nei mesi invernali. Ottimi per il pane e pomodoro
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